Avete mai sentito parlare di “disturbi comportamentali” dei cani e gatti?  Sarà l’argomento di questo articolo.
Mentre è piuttosto facile per un proprietario capire se il proprio amico a quattro zampe è un soggetto pauroso o aggressivo, più difficile pensare che possa essere stressato o ansioso; questi sono invece tutti stati d’animo che possono interessare i nostri pelosi di casa e che si manifestano con un’alterazione del comportamento.

Proprio come noi esseri umani, anche gli animali sono in grado di provare emozioni e tutte quelle sopra citate cosa sono se non emozioni? Se diventano particolarmente intense, tanto da diventare invalidanti per l’animale stesso e riflettersi negativamente sul rapporto animale-proprietario, si deve parlare di disturbi comportamentali.

Disturbi comportamentali: differenza tra animali selvatici e domestici

Gli animali che vivono in natura sono liberi di seguire il proprio istinto, di soddisfare i propri bisogni , ma soprattutto di manifestare tutto il proprio corollario comportamentale in base alla specie di appartenenza, all’età, al sesso, ecc ecc.; questi elementi permettono loro di raggiungere un adeguato equilibrio e quindi benessere psico-fisico. Anche questi animali non sono immuni da stati d’animo quali stress e paura, da dover ritenere persino fondamentali in determinate circostanze (danno infatti avvio ad una serie di meccanismi fisiologici per i quali, ad esempio, una preda tende a fuggire davanti al proprio predatore; se così non fosse non avrebbe nessuna possibilità di sopravvivenza), ma una volta che la situazione di pericolo rientra, il soggetto raggiunge nuovamente un proprio stato di equilibrio. Questo non è sicuramente valido per gli animali domestici, tutti gli animali domestici, che vivono a stretto contatto con l’uomo, sottoposti ad una coercizione forzata, in ambienti che non hanno nulla di naturale (basti pensare agli animali d’allevamento).

Ma in questo articolo l’intento è quello di soffermarci sugli animali che coabitano con noi nelle nostre case: da millenni cani e gatti vivono a contatto con noi esseri umani, ma mentre fino a qualche decennio fa venivano considerati soprattutto per una loro funzione (il cane era utile durante le attività di caccia, per fare la guardia o per controllare in gregge, il gatto per tenere lontani i topi), ora risultano essere parte integrante della famiglia (non a caso vengono definiti “animali d’affezione/da compagnia”).

L’eccessiva “umanizzazione”di cani e gatti può esserne la causa

Naturalmente questo nuova concezione, questo nuovo modo di vedere tali animali, ha senz’altro comportato anche per loro dei vantaggi non indifferenti (ciotole sempre piene, case calde in cui vivere in inverno e fresche in estate, ma soprattutto affetto e coccole), ma non garantisce sempre un loro pieno benessere psico-fisico: purtroppo molti proprietari (posso permettermi di dire la maggior parte?) tendono ad “umanizzare” i propri animali, trattandoli senza rispettare la loro vera natura, ma piuttosto come se fossero un loro simile; pensano che questo sia sinonimo di affetto e conseguenza ovvia e necessaria del volerli considerare membri della propria famiglia, a tutti gli effetti, ma ignorano invece (nel senso di “non sapere”) che questa eccessiva “umanizzazione” disorienta gli animali, li sottopone a stimoli che spesso non sono in grado di gestire. Quante volte ci rivolgiamo ai nostri pelosi come se parlassero il nostro stesso linguaggio, e pretendiamo che capiscano e ci ubbidiscano? Ed è vero, spesso lo fanno, perchè sono esseri estremamente intelligenti e perchè la stretta convivenza permette anche a loro di conoscerci, di conoscere la nostra routine quotidiana: più che alle parole danno un peso ai suoni, ai toni di voce, ai gesti, ed è a questi che agiscono di conseguenza; ma ciò che è fondamentale comprendere è che loro “parlano” un linguaggio diverso dal nostro, un linguaggio tipico della specie a cui appartengono.

Il trovarsi spesso nella situazione di sopprimere il proprio istinto può essere causa di ansia che, nella maggior parte dei casi, può sfociare in un disturbo comportamentale. Nei prossimi articoli li tratteremo uno ad uno, principalmente quelli che si manifestano con più frequenza, perchè è importante riconoscerli ed affrontarli nel migliore dei modi; molto spesso invece noi proprietari tendiamo a sottovalutarli, non consapevoli invece che possono essere invalidanti per il nostro amico a quattro zampe, ed anzi, anche se in buona fede, purtroppo molte volte rincariamo la dose con rimproveri che i nostri animali non sono neanche in grado di comprendere, ma che invece accrescono ulteriormente la loro ansia, la loro paura e magari aggressività.

Per darvi subito un’idea di ciò che andremo a trattare in futuro, ci tengo a darvi almeno una prima classificazione, seppur molto generale: i disturbi comportamentali possono essere distinti in:

  • comportamenti anomali: non rientrano nell’etogramma della specie, ma sono sempre sintomo di malessere per l’animale (possiamo fare un esempio citando l’ansia da separazione)
  • comportamenti inappropriati: sono normali per la specie, ma diventano problematici in un ambiente “umanizzato”. Molto spesso noi proprietari, non conoscendo l’etologia dei nostri animali, consideriamo anormale o inadeguato un comportamento che invece è tipico per quella determinata specie, reprimendolo; questo può essere causa di notevole stress.

Disturbi comportamentali e terapia

Detto questo, ritengo sia molto importante affidarsi subito ad un buon veterinario comportamentalista nel caso in cui il proprio cane /gatto manifesti un’alterazione di carattere o stato d’animo, perchè anche il fattore tempo gioca comunque un ruolo non indifferente nella risoluzione del problema. Il medico, sulla base dell’anamnesi e della visita clinica (con la quale viene esaminato il comportamento del soggetto sia in ambulatorio che nell’ambiente quotidiano in cui l’animale vive; a tale fine potrebbe venire richiesto un video ai proprietari), farà la propria diagnosi e stilerà un piano terapeutico, che non comprende necessariamente farmaci (i quali avrebbero infatti il solo scopo di rendere l’animale più recettivo e predisposto, alla terapia), ma che mira alla “correzione” di un comportamento stereotipato. Però ATTENZIONE! Questo non significa che è in se stesso sbagliato, ma che ha superato una determinata soglia di tollerabilità, non solo per il proprietario, ma anche per lo stesso soggetto. Quello che farà il veterinario comportamentalista è di dare delle linee guida che i proprietari (e così TUTTI i membri della famiglia) dovranno inderogabilmente rispettare in vista dell’obiettivo da raggiungere.

Ciò che mi preme sottolineare è che non si tratta solo di educare/rieducare il proprio cane o gatto al fine di rendere più piacevole la convivenza, ma semmai di educare i proprietari a quali sono i modi corretti con cui interagire con i propri animali, nel rispetto della loro natura.

Ciò che è importante è non prendere in considerazione il problema solamente quando la situazione diventa insopportabile/ingestibile da parte del proprietario, ma di chiedere un aiuto professionale appena si avvertono i primi campanelli di allarme (teniamo in considerazione che certe alterazione del comportamento non devono essere per nulla sottovalutate: uno stato di ansia più o meno represso può sfociare, in casi estremi, in atteggiamenti aggressivi e quindi pericolosi). Purtroppo, il più delle volte, ci si rivolge al veterianario non tanto per risolvere il disagio dell’animale (che gli stessi proprietari spesso non sono in grado di percepire), ma di eliminare il fastidio che tale comportamento provoca.

Disturbi comportamentali e rimedi naturali

Per dare un maggiore supporto alla terapia comportamentale si può anche ricorrere all’utilizzo di alcuni rimedi naturali: i fiori di Bach (che esamineremo più in dettaglio in un prossimo articolo) agiscono positivamente sulla psiche, aiutando a raggiungere nuovamente un proprio equilibrio emotivo; feromoni materni, che hanno la capacità di tranquillizzare il soggetto; l’agopuntura, la cui efficacia in tale ambito ho potuto testarla personalmente durante la stesura della mia tesi nella scuola di specializzazione, e che aveva come tema appunto la risoluzione dei disturbi comportamentali del cane attraverso tale metodo.

L’importanza della prevenzione

Come sempre la prevenzione è la via più efficace: non è sufficiente decidere di adottare un animale, qualsiasi esso sia, ma bisogna prima conoscere quali sono le sue esigenze sia fisiche che psichiche; documentarsi riguardo la sua etologia è fondamentale perchè, alla base di tutto, ci deve essere il rispetto per un essere vivente che, pur vivendo con noi, ha comunque una natura completamente diversa dalla nostra. Proprio per questo motivo, nel caso in cui il vostro amico a quattro zampe fosse un cane, buona cosa sarebbe quella di affidarsi ad un addestratore cinofilo, soprattutto se si tratta di un cucciolo e della vostra prima esperienza: il rapporto proprietario-animale ne gioverebbe, di riflesso anche la convivenza, ma soprattutto garantirebbe un benessere psico-fisico al vostro animale.

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