Molti purtroppo vedono i rettili come animali poco “attraenti”, ma a mio avvisto vantano anche loro un certo fascino, e tra questi rientra senza dubbio il camaleonte, soprattutto per le sue svariate e sgargianti colorazioni che – oltretutto – è in grado di cambiare come se si trattasse di tanti abiti presenti nel suo guardaroba (come per rispondere a “Un vestito diverso per ogni occasione”).

E proprio per questo ci tengo a presentarvelo con questo articolo, soprattutto per svelare il trucco di questa “magia”, caratteristica straordinaria per cui tutti lo conoscono.

Il camaleonte e il suo habitat

In greco il suo nome significa “leone di terra”; appartiene alla famiglia dei rettili ed al sottordine dei Sauri. Vive principalmente in Africa (soprattutto in Madagascar) e in altre zone tropicali, ma alcune specie è possibile vederle anche nell’Europa meridionale (Andalusia e Grecia), in Sri Lanka, India e Asia Minore; nelle isole Hawaii, in California e in Florida si trova infine il Camaleonte di Jackson. Abita sugli alberi, ma le specie più piccole anche nei cespugli o nell’erba.

La morfologia

Le sue dimensioni sono molto varie, dai soli 2-3 cm del Brookesia micra e Brookesia minima, ai 60 centimetri del Calumma parsonii e Furcifer oustaleti. Una serie di elementi morfologici accomuna però tutte le specie e allo stesso tempo le caratterizza:
– le zampe: presentano due dita ognuna delle quali dotate di artigli e che fungono da tenaglie per permettere all’animale di ancorarsi e muoversi sui rami degli alberi;
– la lingua retrattile che viene utilizzata soprattutto per catturare le prede: una volta individuata la vittima (soprattutto locuste, mantidi e grilli), la lingua viene estroflessa velocissimamente dalla bocca per tutta la sua lunghezza (che può essere anche pari a quella del corpo stesso del camaleonte), l’insetto vi rimane attaccato grazie ad una sorta di pallina appiccicosa posta alla sua estremità prossimale, e viene nuovamente retratta altrettanto rapidamente;
– è privo di orecchie, ma sembra comunicare ugualmente con i suoi cospecifici attraverso le vibrazione dei rami;
– gli occhi possono ruotare e mettere a fuoco indipendentemente uno dall’altro, dando la possibilità al camaleonte di avere una visione a 360° senza la necessità di spostarsi (è definita “visione stereoscopica”); solo quando si trova davanti ad una preda, su di essa il camaleonte punta entrambi gli occhi.

La sua capacità di cambiare colore

Ma come abbiamo accennato all’inizio, il camaleonte è famoso soprattutto per questa sua capacità di cambiare il colore della propria pelle nel giro di brevissimo tempo; alcuni studi hanno messo però in evidenza che questa sua caratteristica non è solo uno strumento per mimetizzarsi, ma è anche legata a determinate condizioni fisiche e fisiologiche nelle quali l’animale può trovarsi o a stati emotivi particolari (come la paura ad esempio): durante i combattimenti assume dei colori più intensi per intimorire l’avversario, o durante il periodi degli amori (da luglio ad ottobre) i maschi sfoggiano colori particolari per esprimere la propria disponibilità all’accoppiamento e le femmine la già avvenuta fecondazione. Ma anche le condizione di luce e la temperatura possono influenzare il colore della pelle di questi rettili. Si tratta veramente di un puro e semplice gioco di magia? Come è ovvio, assolutamente no; consiste invece in un gioco di luci e pigmenti che vede protagoniste le cellule della cute, suddivise in 3 strati:
– le cellule cromatofore (strato più superficiale) contenenti pigmenti gialli e verdi;
– le cellule guanofore (strato intermedio) contenenti una sostanza cristallina (guanina) e che fanno sì che parte della luce incidente (soprattutto la bianca e la blu) venga riflessa;
– le cellule melanofore (strato inferiore) contenenti melanina.
Così, se le cromatofore sono gialle e la luce incidente blu, la cute del camaleonte acquisirà una colorazione verde; in base poi alle cellule melanofore, i colori dati dagli strati sovrastanti saranno più chiari o più scuri.

Come abbiamo detto precedentemente, il colore del camaleonte è influenzato anche dalle emozioni e dagli stati d’animo dell’animale (e qui mi viene spontaneo rimandarvi all’articolo specifico riguardante tale tematica: Anche gli animali sono in grado di provare emozioni?): se l’animale è tranquillo, le cellule guanofore vanno a costituire uno strato più compatto e capace di riflettere principalmente la luce blu, di conseguenza la cute assumerà un colore verde; se invece l’animale è eccitato (durante un accoppiamento o combattimento), i cristalli saranno più distanziati l’uno dall’altro e la luce riflessa sarà diversa, andando così ad assumere una tinta giallo-arancio.
A dir poco straordinario!

Inoltre alcuni studi hanno messo in evidenza un secondo strato di cristalli (più grossi e disposti in modo più irregolare) posizionato sotto il primo: rifletterebbe tutte le lunghezze d’onda di luce e servirebbe al camaleonte per rimanere al fresco.
Per mimetizzarsi infine il camaleonte non sfrutta solo questo gioco di colori appena descritto, altre sue caratteristiche morfologiche lo aiutano in tal senso: la forma compressa del corpo e l’andatura oscillatoria durante gli spostamenti lo fanno assomigliare ad una foglia, irriconoscibile quindi agli occhi sia dei predatori che delle prede (quella dei camaleonti è una caccia passiva, nel senso che sono capaci di rimanere immobili anche per diverse ore aspettando che una preda gli passi davanti).

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