Oltre a quanto già mi stava offrendo Napoli durante quei primi giorni di soggiorno, con i vari tour nella città sotterranea , la gita agli scavi di Pompei è stata un altro balzo nella storia lungo quasi 2000 anni. Qui vi approdano migliaia e migliaia di visitatori da tutto il mondo ogni anno, ed il luogo riveste una così grande importanza storico-archeologica che fu riconosciuto Patrimonio dell’UNESCO.

Pompei: qualche accenno di storia

Le origini di Pompei risalgono intorno all’VIII secolo a.C. e la sua storia vede l’impronta di diverse popolazioni che se ne impossessarono nel corso delle loro conquiste: di qui passarono Etruschi, Greci, Sanniti, ed infine Romani quando – nel secondo secolo a.C. – estesero il loro dominio su tutto il Mediterraneo.

L’interesse per Pompei da parte dei diversi popoli era legato principalmente alla sua vicinanza al mare, ed è durante il dominio romano che vide una fortissima espansione economica grazie alla facile circolazione delle sue merci, soprattutto per quanto riguarda il commercio di vino e olio che qui venivano prodotti e poi esportati. Ovviamente questa espansione economica fu concomitante ad un aumento della popolazione ed un ampliamento della città, che vide al suo interno sempre più case, edifici, negozi, ma anche templi, terme, il Foro, l’anfiteatro.

Tutto questo fu però colpito da ben due catastrofi a distanza di 17 anni l’una dall’altra: la prima rappresentata dal terremoto dei 62 d.C., al seguito del quale iniziarono lavori di ricostruzione degli edifici danneggiati e distrutti, non del tutto portati a termine a causa dell’eruzione vesuviana che avvenne nel 79 d.C. e che rappresentò la distruzione e morte dell’intera città: tutto fu ricoperto da un manto di lava che immortalò quegli ultimi attimi di vita. Gran parte della città fu riportata alla luce tra il 1759 ed il 1799 con la salita al potere di Ferdinando I, ma soprattutto per volere della moglie.

Scavi di Pompei: un pò di storia

I primi veri scavi furono iniziati da Carlo di Borbone nel 1754, e dal 1759 con la creazione dell’Accademia Ercolanese si iniziarono a registrare e descrivere i vari ritrovamenti; già nei secoli precedenti vennero fatti diversi tentativi (in realtà già poco dopo l’eruzione dall’imperatore romano Alessandro Severo) , ma per diversi motivi non ebbero seguito e furono in breve tempo abbandonati.

Gli scavi continuarono anche quando a Napoli arrivarono i Francesi, i lavori furono condotti soprattutto nell’area meridionale; una pausa si verificò quando gli “invasori” abbandonarono Napoli, per problemi di ordine politico e soprattutto finanziario.

Una nuova spinta all’opera fu data dall’arrivo di Giuseppe Bonaparte nel 1806 quando, grazie anche all’aiuto del direttore del museo di Portici, furono effettuati i primi espropri di case dall’area archeologica, per evitare che cittadini privati potessero effettuare scavi a proprie spese impossessandosi dei ritrovamenti; a tal fine fu aumentato il numero di sorveglianti, le visite furono regolamentate e gli scavi non furono più isolati, ma concentrati in determinate zone.

Quando nel 1808 Giuseppe Bonaparte se ne andò in Spagna, il regno di Napoli fu affidato a Gioachino Murat, la cui moglie – Carolina Bonaparte, grande appassionata di archeologia – prese il controllo dei lavori; l’interesse era così vivo che oltre alle centinaia di operai già impiegati, furono aggiunti 1500 zappatori (non ben visti dai primi). Oltre alle diverse zone portate alla luce in questo periodo, furono pubblicate diverse guide della planimetria delle scoperte di Pompei e poi inviate in tutta Europa, facendo diventare il luogo tappa obbligatoria del Gran Tour (viaggio intrapreso nell’Europa continentale dai ricchi aristocratici a partire dal XVIII secolo con lo scopo di aumentare le loro conoscenze, e che partiva e terminava in una stessa città; l’Italia rientrava tra i diversi paesi).

Nei decenni a seguire fu un’alternanza di stasi (anche se non totali) e di riprese dei lavori, durante le quali furono portate alla luce diverse vie principali della città e portate avanti opere di restauro di edifici già esplorati, come le Terme.

Un evento importante si verificò nel 1840, quando fu costruita la linea ferroviaria Napoli-Nocera con la fermata nei pressi di Porta Marina: questo permise a molti più visitatori di accedere agli scavi. Inoltre. Inoltre, oltre alle normali pubblicazioni, in questo periodo si diffuse un’altra forma di pubblicazione, la fotografia, utilizzata per lo più per scopi turistici.

Quando, durante l’unità d’Italia, i lavori furono affidati all’archeologo Giuseppe Fiorelli si vide la prima ordinata opera di scavo con la divisione della città in insulae e regiones. Nel 1863 fu introdotta anche la tecnica dei calchi, grazie alla quale si riuscì a risalire a persone, piante e oggetti della vita romana.

Tra il 1870 e il 1885 fu redatta la prima mappa dell’intera area pompeiana e contemporaneamente costruito il plastico che ora è conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli; i lavori di scavo e le scoperte comunque continuarono durante questo periodo, quando furono affidati alla Direzione Generale delle Antichità e delle Belle Arti del Regno.

Quando nel 1911 Vittorio Spinazzola diventò direttore degli scavi, furono utilizzati sistemi di scavo meno invasivi, infatti ebbe l’intuizione – poi confermata – che molte case erano dotate anche di un piano superiore; questo permise di scoprire che Pompei non era fatta solo di case residenziali, ma che avevano anche un ruolo produttivo e commerciale (vedi la Lavanderia Stephani e il Thermopolio di Asellina, quest’ultimo luogo dove venivano servite bevande e cibi caldi).

Seguì poi la direzione di Amedeo Maiuri, durante la quale furono completamente ripristinate le antiche mura, fu completato lo scavo a Villa dei Misteri e furono iniziate indagini alla necropoli di Porta Nocera e alle ville urbane sul lato meridionale della città; inoltre si iniziò ad utilizzare la fotografia a fine di studio, così come i disegni divennero più tecnici.

I bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale furono causa di danni gravissimi.

Seguirono poi non più scavi ad ampie aree, ma riguardarono solo singoli edifici.

Un successivo duro colpo fu dato dal terremoto dell’Irpinia nel 1980 che richiese poi un importante lavoro di riassesto grazie anche alla documentazione fotografica iniziata nel 1977 e terminata qualche giorno prima del sisma.

Nel 1995 partì un’opera di documentazione di tutto il patrimonio architettonico, analizzando ogni singolo monumento. Nel 1997 l’area archeologica di Pompei, insieme a quella di Ercolano e Oplonti, divenne patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

 

Visita agli Scavi di Pompei: organizzazione e consigli

Se si ha in programma di visitare gli scavi di Pompei, magari durante un soggiorno a Napoli o in qualsiasi altra località lì vicina, vi consiglio di dare un’occhiata prima al sito ufficiale, sia per documentarvi prima almeno un minimo su cosa andrete a vedere, sia per organizzare al meglio la vostra visita: per l’acquisto dei biglietti per esempio, per cercare informazioni per un’eventuale visita guidata nel caso in cui voleste affidarvi al una persona preparata durante il tour, che vi sappia guidare e nello stesso tempo spiegare la storia delle rovine del sito archeologico, o anche per organizzare una visita in gruppo o ancor più di natura didattica (nel caso foste degli insegnanti).

Se partite da Napoli agli Scavi ci si arriva comodamente in circa una mezz’oretta prendendo la Circumvesuviana alla stazione centrale in Piazza Garibaldi; esiste proprio una fermata in prossimità degli scavi, l’ingresso principale (Porta Marina) è distante solo pochi minuti a piedi.

Il primo consiglio è quello di trovarvi lì all’apertura dei cancelli: a quell’ora c’è già parecchia gente, ma che riesce ancora a disperdersi tra le rovine durante la visita; questo permette di vivere ancora quel silenzio e quella sensazione di pace che lì vi regna, ma allo stesso tempo non sentirsi completamente soli in quell’immensa città morta. Già verso le 11.30-12 tutto questo si perde, si fa già fatica a muoversi liberamente per le strade a causa delle persone giunte nel frattempo, soprattutto sui marciapiedi che costeggiano le case; anche scattare foto – soprattutto sgombre da teste e corpi umani – non è più così semplice. Inoltre, iniziare il tour alle 9 permette di ridurre le ore di caldo cocente sotto il quale si è costretti a stare per la maggior parte della visita agli scavi, pochi sono i ripari; per questo motivo, e se ne avete la possibilità, potrebbe essere presa in considerazione l’idea di scegliere un periodo dell’anno non ancora troppo caldo: solo questo accorgimento potrebbe rendere molto più piacevole e meno faticoso il tour, che già richiede diverse ore di pura camminata. Sempre per proteggervi dal caldo, vi consiglio di ripararvi la testa con un cappellino, una bandana o un piccolo ombrellino, ma soprattutto ricordatevi di portarvi dietro una bottiglietta di acqua (lungo il percorso esistono comunque vasche-fontane alle quali approvvigionarsi… sono presenti anche i bagni seppur non facili da trovare se qualcuno se lo stesse chiedendo – io li ho scoperti per caso decidendo di fare quell’unica rampa di scale incontrata fino a quel momento, e devo ammettere che è stato quasi un miraggio! 😀 ) .

Altro suggerimento molto importante: procuratevi una cartina degli scavi! In realtà dovrebbero fornirla alla biglietteria, ma se per qualsiasi motivo sapete di non passare di là chiedetela o procuratevene una prima del giorno della visita a Pompei: potrebbe aiutarvi enormemente sia per orientarvi durante gli spostamenti all’interno del sito archeologico, sia per sapere davanti a quale resto/edificio vi state trovando sia per decidere verso quale dirigervi.

E per concludere: è consigliabile portare con sé dei bambini? Il mio è un pensiero puramente personale formulato durante la visita stessa, ovviamente poi ognuno è libero di fare la scelta che ritiene migliore: a mio giudizio ha poco senso (se non addirittura nullo) portare con sé i propri figli se sono ancora piuttosto piccoli, proprio per alcuni punti già toccati precedentemente, ma non solo: quanto potrebbero capire ed apprezzare? Inoltre, anche riducendola ai minimi termini, la visita richiede comunque qualche ora, tempo durante il quale si deve obbligatoriamente camminare, e le strade non solo perfettamente in piano, lisce ed asfaltate… e se siete fortunati di beccare una bella giornata, come già detto precedentemente il caldo potrebbe essere anche piuttosto intenso in determinati periodi dell’anno… Non è un voler dare un giudizio il mio, ma durante la mia visita ho visto diversi bambini dentro i loro passeggini, con i genitori che avevano persino difficoltà a guidarli dovendosi fare strada anche tra molte altre persone. É questo quindi il mio consiglio: se il bambino non è almeno in età scolare, se non cammina in totale autonomia, se credete possa diventare insofferente in breve tempo facendovi capire che il suo unico desiderio è quello di tornare a casa o fare qualche gioco più interessante, la scelta migliore sarebbe quella trovare una soluzione alternativa che non veda anche lui partecipe al tour; sarebbe la scelta migliore sia per il bimbo/a che per gli stessi genitori, che riuscirebbero così a godersi pienamente la gita.

Ultimo pensiero…

Ebbene, la visita agli scavi di Pompei è un po’ questo: camminare letteralmente su secoli di storia, non solo quella della città antica distrutta poi in quel lontano 79 d.C., ma anche quella che ne determinò la riscoperta da quell’istante fino ai giorni nostri; è come se, durante la lunga fase degli scavi e quindi di riscoperta della città, fosse stato levato un velo dopo l’altro, strato dopo strato, e che tutto ciò che era prima seppellito riportato alla luce.

Ve la consiglio!