Una città sotto la città, presente e passato che vivono – e che è possibile vivere – simultaneamente.

É questa la Napoli Sotterranea, quella che sembra nascosta ai nostri occhi, ma che invece è inglobata nella città attuale.

É stato un tour molto interessante, letteralmente un viaggio – seppur breve – nelle viscere di Napoli, ma anche lungo millenni di storia.

Tour nella Napoli Sotterranea

Tutto il giorno, davanti all’entrata in Piazza San Gaetano, di fianco alla chiesa, c’è una fila più o meno lunga a seconda dell’orario, ma costantemente presente. Subito dopo la biglietteria si scendono i primi scalini, per ritrovarsi in uno spazio insieme alle altre persone che andranno a formare il tuo gruppo.

La visita è organizzata molto bene, c’è la guida che spiega cosa si ha o cosa si avrà a breve davanti a sè, ma soprattutto quali saranno le caratteristiche del percorso in un determinato tratto, in modo che tutti siano al corrente di quali “difficoltà” si potrebbero incontrare (è un tour molto tranquillo, facile da fare, ma sono inclusi anche cunicoli molto stretti che non tutti potrebbero avere il piacere di percorrere; in ogni momento comunque chiunque può decidere di tornare in superficie, sempre dopo aver avvisato la guida).

La prima cosa che ovviamente bisogna fare è scendere scendere scendere… una discesa che ti porta ad una profondità di 40 metri.

La cosa affascinante è che quegli stessi ambienti non appartengono solo ad un’epoca, ma a epoche differenti distanti secoli e secoli tra loro, non rappresentano un solo contesto, ma sono stati vissuti in maniera differente a seconda della fermata sulla linea del tempo.

 

I Greci iniziarono ad aprire le prime cave per estrarre il tufo, utilizzato per costruire le mura della città e i templi. I Romani vi costruirono acquedotti, con le cisterne e i loro cunicoli strettissimi e così lunghi da estendersi per decine di chilometri da Napoli. L’ultimo utilizzo è quello che se ne fece durante la Seconda Guerra Mondiale, riparo dai bombardamenti per centinaia di persone che qui trascorrevano parte della loro vita quotidiana (furono costruiti anche i bagni per far fronte ai bisogni fisiologici); sono stati ritrovati oggetti o anche graffiti che testimoniano la presenza di esseri umani in quegli spazi che a noi possono sembrare tanto tetri e inospitali, ma che per loro hanno rappresentato invece la salvezza.

 

Il vecchio sistema idrico di origine romana, che nel corso dei secoli subì degli ampliamenti per far fronte alle esigenze di una città e una popolazione in espansione (veniva estratto il tufo per la costruzione delle abitazioni, soprattutto dopo che alcuni editti – tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600 – proibirono l’introduzione in città di materiale edile per evitare la crescita incontrollata della stessa), fu utilizzato fino allo scoppio dell’epidemia di colera del 1885.

Figura interessante e divertente per chi ascolta è quella del “pozzaro” e della sua leggenda: era un vero e proprio professionista del mestiere, con il compito di fare manutenzione all’acquedotto, e doveva avere caratteristiche fisiche particolari, di bassa statura ed esile – oltre che molto agile – per calarsi facilmente dai pozzi e poi muoversi nei cunicoli più stretti di questa rete idrica sotterranea; il termine “munaciello” gli è stato attribuito per la sua divisa da lavoro, una tunica che gli permetteva di ripararsi dall’umidità del sottosuolo, scura e con cappuccio. Ogni casa di Napoli possedeva uno o più pozzi che permettevano di attingere acqua dalla cisterna sottostante l’abitazione; tramite i pozzi (dai quali si calavano e dai quali risalivano), i pozzari avevano la possibilità di entrare facilmente nelle case, e a volte vi rubavano qualcosa, altre volte “tenevano compagnia” alle tante donne che spesso rimanevano sole.

É bello pensare che molto della città di Napoli (sia in epoca antica che più recente) è stata costruita utilizzando materiale estratto dalle sue stesse viscere, ed allo stesso tempo fa un certo effetto sapere che la città, quella attuale, quella a cielo scoperto, poggia su questa struttura sotterranea per gran parte della sua espansione cava.

Napoli Sotterranea: Orti Ipogei e vino Tuffello

Avreste mai pensato che si riuscisse anche a coltivare un orto nelle viscere della terra? Ebbene sì! É una sperimentazione iniziata a ridosso dell’Expo 2015, con la creazione di quelli che sono stati chiamati Orti Ipogei, culture che per la loro ambientazione sotterranea sono protette da fattori quali piogge acide, smog, polveri sottili; temperatura ed umidità sono costantemente monitorati, la luce solare è sostituita da quella di lampade che garantiscono comunque il processo di fotosintesi.

Le cavità di tufo della Napoli Sotterranea dà il nome al vino Tufello. Sotto il chiostro di San Gregorio Armeno si trova una cantina dove le monache di clausura del convento (che rimase tale fino al 1952) distillavano il vino. La leggenda dice che nel vino ci fossero le lacrime di Santa Patrizia che avevano il potere di curare le donne dalla sterilità, ed è a questo che le monache attribuivano la colpa delle loro inspiegabili gravidanze, nonostante alla cantina avessero libero accesso anche i frati del vicino convento.
La conservazione del vino Tufello continua tutt’oggi, e la vendita è un’esclusiva della Napoli Sotterranea.

Napoli antica e Napoli contemporanea: un tutt’uno

É forse la fase più sorprendente del tour, quella che riporta il visitatore (almeno momentaneamente) in superficie, che ci ha visti all’interno di quello che fino a qualche anno fa era un qualsiasi appartamento tipico napoletano (“basso”, chiamato così perchè si trova proprio a livello del terreno): qui casualmente furono rinvenuti dai proprietari dei resti di muri antichi risalenti all’epoca romana (che andavano a costituire le pareti stesse dell’appartamento), resti dell’antico teatro greco-romano di Napoli (Teatro di Nerone), riscontrati anche nella cantina sottostante.

I proprietari sono rimasti sempre le persone che qui ci abitavano, ma l’appartamento fu donato all’Associazione che diede vita alla Napoli Sotterranea e che nel corso degli ultimi 50 anni ha avuto la funzione di portare alla luce quanto era sepolto nelle viscere delle città, e di salvaguardarlo e valorizzarlo rendendolo anche accessibile alle centinaia e centinaia di persone che hanno la curiosità di vedere anche quest’altro volto di Napoli. I lavori portati avanti dall’Associazione permisero di scoprire che i resti della città antica non si limitavano a quest’unico appartamento, ma si ritrovarono anche in diversi altri immobili nelle vicinanze e non solo, in una zona piuttosto estesa… ma portare allo scoperto tutto avrebbe voluto dire sfollare gran parte della città.

Napoli Sotterranea: consigli finali

Il primo tra tutti che mi viene da suggerirvi è: non perdetevi questo viaggio!

Per evitare o limitare la coda la soluzione migliore potrebbe essere quella di andare davanti all’ingresso all’orario di apertura o verso sera.

Non è un percorso difficile o claustrofobico, ma bisogna tener conto che alcuni tratti sono molto molto stretti (ma quel tratto di cunicoli non è obbligatorio percorrerlo, anche se costituisce – forse proprio per queste sue caratteristiche – la parte più avventurosa; si tratta di un’alternanza di cunicoli molto stretti e completamente bui, e che possono essere illuminati solo individualmente con una propria torcia man mano che si procede in fila indiana, e cisterne).

Per scendere in profondità (a 40 metri sotto la superficie) ci sono parecchi gradini da fare, il tutto sempre in un clima di poca luce (ma sufficiente per procedere tranquillamente) e umidità; e come si è scesi, allo stesso tempo bisogna anche risalire per tornare alla luce, facendo circa 120 scalini… diciamo un buon momento di allenamento fisico! A parte questo aspetto, comunque fattibile anche dai meno atletici, è importante tenerne conto in caso di particolari impedimenti fisici alle gambe, dolore o disabilità.

Molti genitori potrebbero chiedersi: è consigliabile per i bambini? La risposta che mi viene da dire è: dipende! Nel mio gruppo c’erano diversi ragazzini, ed anche in altri con cui il mio si è incrociato durante il tragitto, tutti accompagnati comunque da adulti. Secondo me ha senso far partecipare un bambino al tour quando è già comunque grandicello, completamente autonomo nel muoversi, che non ha particolari paure legate al buio; se poi ha anche uno spirito avventuroso ed è piuttosto curioso, allora è il top. Allo stesso modo lo sconsiglierei a bambini ancora particolarmente piccoli di 2-3-4 anni che non avrebbero nemmeno la capacità di capire e apprezzare cosa stanno visitando; secondo me far percorrere loro certi tratti (come i cunicoli prima accennati, larghi circa 30-40 centimetri, e forse nemmeno percorribili con un bambino in braccio) potrebbe rappresentare fonte di paura o addirittura di shock, mentre l’evitarli rappresenterebbe una limitazione per i genitori, che dovrebbero rinunciare a degli angoli della Napoli Sotterranea particolarmente suggestivi.

Per finire, non allontanatevi mai dal gruppo, tenete sempre qualcuno come riferimento; questo consiglio non solo (e non tanto) per una questione di sicurezza (perchè, a meno che si decida di avventurarsi di testa propria imbucandosi in qualche strano pertugio, non penso ci si possa perdere, ma è anche vero che io non so cosa ci sia al di là del percorso fatto con la guida), ma perchè c’è il rischio di perdersi parte del tour.

Per maggiori informazioni e per l’acquisto dei biglietti vi rimando direttamente al sito.