Ieri fu il sessantesimo anniversario dal primo viaggio nello spazio da parte di un essere vivente: il 3 novembre del 1957, a bordo del satellite artificiale Sputnik 2, la Russia lanciò in orbita Laika, una cagnetta meticcia il cui musetto bianco diventò celebre in tutto il mondo nei giro di pochi giorni.

La storia di Laika

La cagnolina fu sottoposta ad un lunghissimo addestramento allo scopo di prepararla ad quel lungo viaggio, fu poi posizionata in quella capsula artificiale collegata a diversi elettrodi per poterne monitorare tutti i parametri vitali; le fu messo a disposizione persino del cibo. Peccato però che si è sempre saputo che Laika non avrebbe mai più fatto ritorno sulla Terra, e ancora più triste il fatto che lei era completamente all’oscuro di quello che sarebbe stato il suo destino.
Secondo la versione ufficiale data all’epoca dal governo sovietico, Laika sopravvisse per alcuni giorni, ma solo nel 2002 si venne a sapere che la cagnolina sarebbe invece morta poco tempo dopo il lancio, a causa di un guasto del sistema di temperatura interna della capsula.

Come Laika viene ricordata

Allora la vicenda suscitò non solo tanta curiosità nell’opinione pubblica, ma anche tanta commozione oltre che tante critiche. La piccola meticcia è entrata a far parte della storia, paragonata ad altri cosmonauti che, dopo di lei, hanno perso la vita nello spazio; nei pressi di Mosca le è stata persino dedicata una statua, sono stati emessi dei francobolli raffiguranti il suo musetto. Ma io posso solo schierarmi con chi li definisce  semplicemente gesti ipocriti. Diversa invece l’iniziativa del comune di Firenze, quella cioè di dedicare le aree cani della città agli eroi a quattro zampe nella storia; e con quale nome poteva essere chiamata la prima se non “Laika”?

Molti hanno definito quello di Laika un atto di eroismo, soprattutto gli “addetti ai lavori”; io riesco invece solamente a chiamarlo un atto di piena fiducia verso l’essere umano che l’ha invece tradita a sua insaputa.

CIAO LAIKA.