Fino ad ora, a differenza da quanto previsto per i cani, l’identificazione dei gatti attraverso microchip era obbligatoria solo per i soggetti destinati al commercio, per gli ex-randagi e quelli che dovevano intraprendere un viaggio all’estero (per il rilascio del passaporto); in tutte le altre situazioni la scelta spettava esclusivamente al proprietario.

Ma dal 1° gennaio 2020 la Regione Lombardia ha optato per estendere tale obbligo a tutti i mici appena nati e quelli che sono stati appena adottati o comprati; la norma (contenuta nel Piano regionale integrato della sanità pubblica veterinaria 2019-2023) non avrà valore retroattivo, quindi saranno i padroni a decidere se microchippare o meno i loro animali già presenti prima di tale data.

Microchip nei gatti: cos’è e come funziona

L’inserimento del microchip può essere effettuata solo da un medico veterinario autorizzato; delle dimensioni di un granello di riso, viene inoculato a livello del collo dell’animale (dietro l’orecchio sinistro) mediante l’utilizzo di una siringa apposita monouso. Il microchip consiste in un codice univoco identificativo di 15 cifre e viene registrato successivamente in un database con l’indicazione dei dati del proprietario.

L’operazione non è dolorosa e non richiede l’anestesia; solo in caso di soggetti poco collaborativi si ricorre alla sedazione; l’ideale sarebbe inoculare il microchip durante la sterilizzazione o qualsiasi altro intervento chirurgico per il quale è necessario che il gatto venga addormentato.

Il prezzo varia dai 30 ai 50 euro (ogni veterinario è libero di decidere la propria tariffa).

Microchip nei gatti: i vantaggi

La funzione del microchip è quella di poter risalire al proprietario dell’animale in qualsiasi momento se ne presenti la necessità, rendendosi quindi molto utile in caso di smarrimento del gatto; a tale proposito non sono interessati solo i gatti liberi di vivere anche all’aperto, ma anche quelli più comunemente definiti “da divano” che potrebbero sempre sgattaiolare fuori dalla porta o dalla finestra.

Ovviamente anche il fenomeno del randagismo viene così ridimensionato, oltre a quello dell’abbandono; in caso di furto invece si ha la possibilità di dimostrare la legittima proprietà.

Consiglio

Al di là dell’obbligo previsto dalla legge, e considerato che si tratta di un’operazione non dolorosa (al massimo un po’ fastidiosa) e più o meno alla portata di tutti dal punto di vista dell’investimento economico richiesto, il consiglio è quello di prendere in considerazione la possibilità di microchippare i propri mici, soprattutto se hanno la tendenza di scappare/allontanarsi da casa: a seguito dello smarrimento di un gatto e del suo ritrovamento da parte di persone terze, risulta molto più facile risalire al proprietario e quindi far tornare l’animale a casa propria.

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