Sono andata alla mostra The Art of the Brick di Nathan Sawaya. Volevo andarci dal momento della sua apparizione in Italia, poi quando è arrivata a Milano mi sono finalmente decisa. Non che fossi una patita dei lego… Che io ricordi non ho mai avuto un innato trasporto verso quei mattoncini colorati che perdevo praticamente nel momento in cui aprivo la scatola e che rendevano di conseguenza impossibile concludere qualsiasi progetto. Credo che i miei se ne fossero accorti. Infatti avevo un solo gioco-lego in casa: una scatola tutta rosa di forma ovale, piena di lego, da dove sarebbe dovuta uscire una sorta di casa delle bambole. Non l’ho mai vista dal vivo.
Quando ai tempi dell’università ho iniziato a fare la baby-sitter ho incontrato di nuovo i lego sui tappeti dei bimbi a cui tenevo compagnia. A poco a poco quel ribrezzo dovuto alla mancanza di pazienza che mi contraddistingue (non sempre, ma spesso) si è trasformato in divertimento: mentre le dita accarezzavano la plastica fredda e liscia e dall’unione dei mattoncini nascevano macchine futuristiche, il cervello si rilassava.

Ma torniamo alla mostra. È chiaro che Nathan Sawaya non abbia avuto la mia stessa esperienza con i lego. Ad appena 5 anni costruiva splendide case, macchine e animali di ogni genere con i mattoncini. Poco dopo iniziava a realizzare una vera e propria città di lego di 10 metri quadrati, mentre a 10 anni costruiva un cane di lego a grandezza naturale perché i genitori non volevano regalarglielo. Oggi Nathan realizza vere e proprie opere d’arte, di lego ovviamente.

The Art of the Brick raccoglie alla Fabbrica del Vapore di Milano una serie di sculture lego realizzate da Nathan in questi anni, opere che spaziano dalla riformulazione giocosa di quadri famosissimi a ricerche più personali legate al mondo fotografico.

Ciò che mi è piaciuto della mostra The Art of the Brick – oltre alle sculture di lego che fanno esclamare più WOW a un adulto che a un bambino – è il messaggio di Nathan che aleggia sotto le descrizioni delle opere (sembra come se lui sia lì a parlare con te!) e nelle frasi che si ritrovano sui muri dei corridoi: ognuno di noi ha una propria creatività, tutti possono svilupparla e realizzare qualcosa di magnifico con qualsiasi materiale abbiamo a disposizione. Lui c’è riuscito con un gioco comune, tu puoi riuscirci con altro – io sono tornata a casa con questo pensiero stampato in mente.
Soprattutto, ripensandoci, sono uscita da quella che la CNN considera come una delle 10 mostre al mondo da non perdere, con un sorriso beato sulla bocca pensando a cosa oggi viene considerata arte.

Tra tutte le opere sono rimasta estasiata dall’Urlo di Munch e dalla Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer, due quadri a cui sono particolarmente legata e di cui mi è – inevitabilmente – piaciuta anche questa versione.
Vi consiglio di andarla a vedere. A Milano sarà possibile fino al 29 gennaio. Vi giuro che se l’avessi vista prima, con quella scatola tutta rosa ovale, colma di lego, ci avrei creato un mondo.
Per tutte le informazioni sulla mostra The Art of the Brick leggete questo articolo.