Io e il Natale abbiamo un rapporto particolare.

Un rapporto che potrebbe essere paragonato alle riunioni di famiglia.
Mi vengono in mente quelle domeniche in cui sei costretto a rivedere cugini e zie di vecchia data. Ti piace l’idea, hai voglia di riabbracciarli e di parlare di ciò che è successo nei mesi precedenti. È trascorso troppo tempo dall’ultima volta che vi siete riuniti.

Poi quando siete a tavola tutti insieme ricordi il perché…

Con il Natale è lo stesso. Amo quell’odore che si respira dall’8 dicembre in poi: il profumo di cannella, quello della carta regalo e dei nastri colorati, l’aroma della frenesia Cosa regalo quest’anno ai miei? e l’idea di programmare un nuovo inizio subito dopo le feste.

La mia preparazione al Natale segue tutte le regole: faccio l’albero di Natale (ormai non più l’8 ma il 7 dicembre come vuole Milano), giro per i Mercatini di Natale contenta, cerco la lista dei migliori film di Natale di sempre, provo a creare il presepe con la pasta di mais, sforno biscotti di pan di zenzero.

Arrivo ad ascoltare musica pre-confezionata pre-natalizia su Spotify!
E tutto questo mi rende… (incredibilmente e semplicemente) felice.

Poi di colpo arriva il 24 dicembre. Le luci del mio albero interiore si spengono. Qualcuno toglie la spina. Stack! Il Natale per me finisce ancor prima di iniziare.

Tutta colpa dei ricordi. Mi tornano in mente immagini nette e definite.
Io e mamma che andiamo a prendere nonna sotto casa, l’odore della sua pelliccia e quello della macchina che mi fa venire la nausea, la casa di nonno che ogni anno cambia look natalizio, i menu particolari della vigilia che mi fanno pensare Ho voglia di tradizione!, la nostra minuscola famiglia che si riunisce nello studio di nonno e a turno scarta i regali (S’inizia dal più vecchio di età – io ero l’ultima quindi), il freddo dell’auto quando la riprendi dopo la mezzanotte, infilarsi come un ghiacciolo sotto il piumone e riscaldarsi lentamente, aver paura che Babbo Natale quest’anno non arrivi ma scoprire il giorno dopo che ha apprezzato latte e biscotti, e infine, rimanere tutto il 25 dicembre a giocare con le nuove bambole.

Si chiama malinconia.
Si chiama consapevolezza. Ci sono parti di vita che non abbiamo apprezzato fino in fondo, sono le stesse che non ritornano più.
Ricordi che saranno un giorno scavalcati da nuove esperienze, altri pezzi di vita.

Ma nel frattempo rimango in sospeso. Cerco di apprezzare l’attesa, quella che si dilata per i primi 24 giorni di dicembre, di amarla così com’è.

D’altra parte io e il Natale abbiamo un rapporto particolare, mi ricorda quello che ho con le riunioni di famiglia. Gli corri incontro con la speranza che questa volta sia come la vuoi tu, che sia perfetta.
E un giorno accadrà!